La Casa Mendes da Rocha è situata a Butantã, un quartiere oltre il fiume Pinheiros, realizzato secondo i principi della Garden City e, da sempre, occupato dalla borghesia paulista. Il progetto per l’edificio, una residenza privata per l’architetto e la sua famiglia, risale alla metà degli anni sessanta, alla prima parte della carriera di Paulo, quando cominciava già ad essere conosciuto per un serie di opere interessantissime, quali, la Palestra del Clube Atletico Paulistano, la Sede Sociale del joquei Clube di Goias e l’edicio Guaimbe a Sao Paulo. La casa, apparentemente inaccessibile, si configura immediatamente come un volume stereotomico, totalmente in calcestruzzo armato, che insiste su un terreno che ancora conserva l’antica con gurazione topogra ca, antecedente le successive lottizzazioni e che, fra l’altro, fa in modo di mantenere quel legame originale con la Casa Museo prospiciente, la Casa do Banderante.
Il terreno è un lotto d’angolo, rivolto ad est, di fronte ad un esuberante spazio verde, fra la Praça Monteiro Lobato e la Rua Joao de Ulhoa Cintra. La casa stessa è interamente circondata da una vegetazione rigogliosa e ricca, tipica di un contesto tropicale ( São Paulo è situata sul Tropico del Capricorno ). La prima impressione di invalicabilità è subito smentita: aggirato il terrapieno di ubicazione, un varco di accesso sul lato sud, conduce sino al piano terra della residenza, che si rivela sospeso rispetto alla quota del lotto e sorretto, con i suoi 320 metri quadrati di supercie planimetrica, includendo gli importanti sbalzi laterali brise-soleil del coperto, da quattro pilastri in calcestruzzo armato. Due murature delimitano il limite sico di due dei lati del perimetro quadrangolare del lotto, mentre, altri due discreti elementi delimitano la rampa di accesso. Il piano terra in se è caratterizzato da un modesto volume circolare, destinato alla portineria e ai servizi, localizzato all’interno dell’area di parcheggio per le autovetture; sul fondo, una scala dalla preziosa e leggera eleganza, nonostante sia di calcestruzzo, che, sfuggendo dalla nettezza del volume incombente, eleva sino alla quota interna, domestica dell’abitazione.
Praticamente, un unico volume sospeso, al quale si accede dalla piccola scala sul fondo del giardino e che racchiude un unico grande spazio. Gli spazi abitativi, veri e propri, sono tutti ricavati dalla suddivisione del perimetro compatto del piano sospeso. Questo piano fuori terra è totalmente vetrato, sui lati ovest ed est, anche se tutto questo non appare subito evidente all’esterne perché parzialmente negato dalle perentorie travi pareti laterali, a sbalzo, di irrigidimento perimetrale.
La casa di Paulo possiede tutta la radicalità irriducibile del volume sospeso, suddiviso internamente con una sapienza ed una eleganza magistrali: i diversi ambienti domestici sono delimitati e divisi da sottili diaframmi in calcestruzzo che, con la loro unitarietà, si piegano ogni volta a formare il mobiliario sso e le zone più intime delle stanze da bagno. Queste, assumono quasi la consistenza di schermature, realizzate con una rete metallica elettrosaldata, che, con uno spessore inferiore ai dieci centimetri, non toccano mai il solaio di chiusura superiore, costruito secondo una orditura primaria fatta di travi 35 x 20 cm, che scaricano sui quattro pilastri, con aggetti esterni di 3,7 metri circa. L’orditura secondaria fatta da una tta rete di sottili travi da 7 x 50 cm e con un interrasse di 1,07 m e che, sui lati est e ovest, si prolungano sino a raggiungere un aggetto di 5 metri, dando luogo a degli apparati che schermano la luce solare e orientano la vista sino a traguardare il paesaggio circostante. La copertura che è possibile leggere nel suo sviluppo complessivo, diviene così uno dei protagonisti spaziali dell’abitazione, i cui ambienti paiono indi erenti a qualsiasi proiezione psicologico-a ettiva. I vani della casa, infatti, sono all’apparenza austeri ed impersonali, spazi senza nome che chi li abita è chiamato ad inventare a seconda delle sue esigenze, dove tutti gli elementi di impiantistica sono lasciati a vista, in modo che sia “cosi più facile aggiustarli, se necessario.
L’atmosfera che viene determinandosi all’interno ricorda quella di una foresta, uno spazio in continuo divenire, in cui ci sembra di perdere ogni referenza. La luce penetra in maniera filtrata, differenziata e drammatica all’interno della casa, attraverso i lucernari, posti sull’area centrale di servizio, attraverso le nestre a nastro continue, che illuminano gli ambienti principali e si caratterizzano per il particolarissimo sistema di chiusura artigianale e, infine, per basso attraverso una intercapedine, sui lati perimetrali opposti a quelli delle vetrate.
L’abitazione è stata pensata quale prototipo, un archetipo, sistema iterabile slegato da qualunque compiacimento autoreferenziale. La casa è parte integrante e fondante della struttura urbana. Abitare inteso come convivenza, attraverso la tecnica che determina, de nisce la pertinenza dello spazio architettonico.
Il terreno è un lotto d’angolo, rivolto ad est, di fronte ad un esuberante spazio verde, fra la Praça Monteiro Lobato e la Rua Joao de Ulhoa Cintra. La casa stessa è interamente circondata da una vegetazione rigogliosa e ricca, tipica di un contesto tropicale ( São Paulo è situata sul Tropico del Capricorno ). La prima impressione di invalicabilità è subito smentita: aggirato il terrapieno di ubicazione, un varco di accesso sul lato sud, conduce sino al piano terra della residenza, che si rivela sospeso rispetto alla quota del lotto e sorretto, con i suoi 320 metri quadrati di supercie planimetrica, includendo gli importanti sbalzi laterali brise-soleil del coperto, da quattro pilastri in calcestruzzo armato. Due murature delimitano il limite sico di due dei lati del perimetro quadrangolare del lotto, mentre, altri due discreti elementi delimitano la rampa di accesso. Il piano terra in se è caratterizzato da un modesto volume circolare, destinato alla portineria e ai servizi, localizzato all’interno dell’area di parcheggio per le autovetture; sul fondo, una scala dalla preziosa e leggera eleganza, nonostante sia di calcestruzzo, che, sfuggendo dalla nettezza del volume incombente, eleva sino alla quota interna, domestica dell’abitazione.
Praticamente, un unico volume sospeso, al quale si accede dalla piccola scala sul fondo del giardino e che racchiude un unico grande spazio. Gli spazi abitativi, veri e propri, sono tutti ricavati dalla suddivisione del perimetro compatto del piano sospeso. Questo piano fuori terra è totalmente vetrato, sui lati ovest ed est, anche se tutto questo non appare subito evidente all’esterne perché parzialmente negato dalle perentorie travi pareti laterali, a sbalzo, di irrigidimento perimetrale.
La casa di Paulo possiede tutta la radicalità irriducibile del volume sospeso, suddiviso internamente con una sapienza ed una eleganza magistrali: i diversi ambienti domestici sono delimitati e divisi da sottili diaframmi in calcestruzzo che, con la loro unitarietà, si piegano ogni volta a formare il mobiliario sso e le zone più intime delle stanze da bagno. Queste, assumono quasi la consistenza di schermature, realizzate con una rete metallica elettrosaldata, che, con uno spessore inferiore ai dieci centimetri, non toccano mai il solaio di chiusura superiore, costruito secondo una orditura primaria fatta di travi 35 x 20 cm, che scaricano sui quattro pilastri, con aggetti esterni di 3,7 metri circa. L’orditura secondaria fatta da una tta rete di sottili travi da 7 x 50 cm e con un interrasse di 1,07 m e che, sui lati est e ovest, si prolungano sino a raggiungere un aggetto di 5 metri, dando luogo a degli apparati che schermano la luce solare e orientano la vista sino a traguardare il paesaggio circostante. La copertura che è possibile leggere nel suo sviluppo complessivo, diviene così uno dei protagonisti spaziali dell’abitazione, i cui ambienti paiono indi erenti a qualsiasi proiezione psicologico-a ettiva. I vani della casa, infatti, sono all’apparenza austeri ed impersonali, spazi senza nome che chi li abita è chiamato ad inventare a seconda delle sue esigenze, dove tutti gli elementi di impiantistica sono lasciati a vista, in modo che sia “cosi più facile aggiustarli, se necessario.
L’atmosfera che viene determinandosi all’interno ricorda quella di una foresta, uno spazio in continuo divenire, in cui ci sembra di perdere ogni referenza. La luce penetra in maniera filtrata, differenziata e drammatica all’interno della casa, attraverso i lucernari, posti sull’area centrale di servizio, attraverso le nestre a nastro continue, che illuminano gli ambienti principali e si caratterizzano per il particolarissimo sistema di chiusura artigianale e, infine, per basso attraverso una intercapedine, sui lati perimetrali opposti a quelli delle vetrate.
L’abitazione è stata pensata quale prototipo, un archetipo, sistema iterabile slegato da qualunque compiacimento autoreferenziale. La casa è parte integrante e fondante della struttura urbana. Abitare inteso come convivenza, attraverso la tecnica che determina, de nisce la pertinenza dello spazio architettonico.
L’architettura di Paulo Mendes da Rocha ha questa grandiosa capacità di essere specica senza perdere la sua valenza universale di spazio essenziale fatto dall’uomo, per l’uomo, nella natura. La limpida tettonica, la struttura e la copertura misurano lo spazio, ordinano e rivelano la geografia, rendendolo un luogo della vita umana.
Mendes Da Rocha mette in pratica nella forma più estrema la convinzione che abitare sia prima di tutto un fatto sociale, dove ognuno accetta la convivenza con gli altri senza muri, sulla base del rispetto umano, dove i mezzi che accompagnano questa auspicata condizione esprime la rivendicazione del primato dell’essere sull’avere, sul possedere cose – e la sua architettura è li a interrogare, a chiedere agli uomini cosa vogliano essere, come vogliano abitare le loro case,
città, territori.
Mendes Da Rocha unisce all’interpretazione lirica dello spazio destinato alla vita, la dimensione etica di ogni suo atto progettuale. La sua è una architettura che, ogni volta, interroga coloro che partecipano alla costruzione di quegli spazi che accolgono la contemporanea civilizzazione. Essi possiedono la possibilità di a darsi alla precisione della tecnica ma debbono piegarla alla necessità di << sostenere l’imprevedibilità della vita. Lo scopo dell’architettura è salvare dal disastro >>.
Mendes Da Rocha mette in pratica nella forma più estrema la convinzione che abitare sia prima di tutto un fatto sociale, dove ognuno accetta la convivenza con gli altri senza muri, sulla base del rispetto umano, dove i mezzi che accompagnano questa auspicata condizione esprime la rivendicazione del primato dell’essere sull’avere, sul possedere cose – e la sua architettura è li a interrogare, a chiedere agli uomini cosa vogliano essere, come vogliano abitare le loro case,
città, territori.
Mendes Da Rocha unisce all’interpretazione lirica dello spazio destinato alla vita, la dimensione etica di ogni suo atto progettuale. La sua è una architettura che, ogni volta, interroga coloro che partecipano alla costruzione di quegli spazi che accolgono la contemporanea civilizzazione. Essi possiedono la possibilità di a darsi alla precisione della tecnica ma debbono piegarla alla necessità di << sostenere l’imprevedibilità della vita. Lo scopo dell’architettura è salvare dal disastro >>.
Architetto: Paulo Archias Mendes da Rocha
Localizzazione: Butantã, San Paolo, Brasile
Committente: Paulo Archias Mendes da Rocha
Cronologia: 1964 (progetto) – 1967 (ultimazione)
Immagini: Nelson Kon e Stefano Passamonti
Localizzazione: Butantã, San Paolo, Brasile
Committente: Paulo Archias Mendes da Rocha
Cronologia: 1964 (progetto) – 1967 (ultimazione)
Immagini: Nelson Kon e Stefano Passamonti
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